Resoconto della Conviviale del 23 Gennaio 2024 – Serata Mirella Freni
Piacevolissima serata di cultura ed emozioni quella che abbiamo vissuto lo scorso
martedì 23 gennaio da Vinicio, grazie al giornalista Alberto Mattioli e a Micaela
Magiera, che hanno ricordato la storia e la carriera di Mirella Freni, straordinaria
cantante lirica che ha portato il nome di Modena in tutto il mondo.
Alberto Mattioli, che per l’occasione era accompagnato dalla mamma Signora Paola,
moglie del past Governor e past Presidente Rotary Avvocato Armando Mattioli, ha
ricordato che Mirella Freni debuttò nella sua città il 3 febbraio 1955 – a soli 20 anni –
come Micaela nella “Carmen” di Bizet in quel Teatro Comunale che oggi porta il suo
nome e quello del suo fratello di latte (avevano condiviso la stessa balia), Luciano
Pavarotti. Sei anni dopo, nel ‘61, Freni era già alla Scala e due anni dopo cantava lì, per
la prima volta, con Herbert von Karajan, uno dei massimi direttori del Novecento, del
quale sarebbe stato il soprano di riferimento per un ventennio. Con Karajan alla Scala,
Freni interpretò Mimì nella “Bohème” di Puccini, una storica produzione di Franco
Zeffirelli tuttora ripresa e in repertorio in tre dei principali teatri d’opera del mondo,
la Scala, il Metropolitan di New York e la Staatsoper di Vienna. Seguì una carriera lunga
e “immacolata” durata cinquant’anni, appunto dal 1955 fino al 2005 e al ritiro a
sorpresa, senza annunci, tour d’addio, ritorni sulla scena e altre manifestazioni
divistiche. Una carriera durante la quale anche il repertorio di Freni si allargò,
dall’iniziale impostazione come soprano lirico “puro”, con un repertorio basato
principalmente su Mozart, sul romanticismo italiano di Bellini e Donizetti, sui ruoli del
repertorio francese come Manon o Margherita del “Faust”, sui personaggi più lirici di
Puccini, a ruoli più pesanti e impegnativi come le grandi opere della maturità di Verdi,
i Puccini più complessi, il repertorio verista, per esempio, di “Adriana Lecouvreur”,
“Fedora” o “Madame Sans- Gêne”, e anche tre opere di Caikovskij, “Eugenio Onegin”,
“La dama di picche” e “La pulzella d’Orléans”, che eseguì in lingua originale e di cui è
stata un’interprete di riferimento. Ma di Mirella Freni va sottolineata anche la
perspicacia con la quale, benché non fosse un’intellettuale, capì istintivamente come
nel dopoguerra il ruolo del cantante nello spettacolo lirico fosse profondamente
cambiato, perdendo la tradizionale centralità a favore di una nuova consapevolezza
interpretativa che significava anche la disponibilità a mettersi al servizio di progetti interpretativi fortemente innovatori, in stretta collaborazione con direttore
d’orchestra e regista. Qui è sintomatico quel che avvenne alla Scala in occasione del
“Simon Boccanegra” di Verdi del 7 dicembre 1971, una delle sette prime scaligere di
Mirella Freni, quando Giorgio Strehler le chiese di entrare in scena cantando dal fondo
dell’enorme palcoscenico della Scala. Nonostante le difficoltà pratiche, lei accettò
creando una delle aperture di sipario più iconiche e suggestive dell’intera storia
novecentesca del teatro musicale.
Bisogna anche ricordare che Mirella Freni, benché cittadina del mondo, a suo agio a
New York come a Vienna, a Londra come a Parigi, era e rimase sempre profondamente
modenese, continuando a mantenere la sua residenza in città e rifuggendo da ogni
atteggiamento da “prima donna”. Era per esempio frequentissimo incontrarla mentre
faceva la spesa al mercato di via Albinelli, affabile, sorridente, disponibile. Questo è
forse l’aspetto che coglie al meglio la profonda “modenesità” di questa donna
eccezionale. Incarnava le migliori qualità della nostra gente: l’amore per il lavoro fatto
bene, l’impegno, lo studio, la dedizione, la serietà ma “avvolte” da una sorridente
cordialità, una bonomia ironica e autoironica che è tipicamente “nostra”. Quando è
scomparsa, nel 2020, molti hanno scritto, me compreso, che Freni era una di noi. Oggi
bisogna rettificare questa affermazione: Mirella era la migliore di tutti noi.
Michela Magiera, figlia di Mirella Freni e del suo primo marito, Leone Magiera, grande
musicista fondamentale anche per la sua formazione artistica, ha invece parlato di sua
madre dal punto di vista più squisitamente personale, raccontandone il carattere e la
difficoltà, che Mirella ha vissuto durante tutta l’esistenza, di conciliare la grande
carriera internazionale, che la portava inevitabilmente a stare lontana dalla sua città e
dalla sua famiglia, con il suo ruolo di madre. Un percorso difficile sia per lei che per
sua figlia, testimoniato dalla lettura di una bellissima lettera che Mirella scrisse
dall’estero alla sua famiglia a Modena, esprimendo il rammarico di non poter
accompagnare Micaela al primo giorno di scuola. Dalla relazione di Micaela,
traboccante d’affetto per la madre, è anche emersa tutta la particolarità del ruolo del
cantante d’opera, che è l’unico musicista a “portare” lo strumento nel corpo, con tutte
le conseguenze fisiologiche e psicologiche che ne conseguono. Mirella Freni aveva
fatto di sé stessa e del suo corpo uno strumento musicale di eccezionale qualità,
subordinando quindi la sua intera esistenza alla passione per l’arte, la musica e il
teatro. Nel suo commosso ricordo, Micaela Magiera ha ripercorso l’esistenza
straordinaria di una donna apparentemente ordinaria, che è stata non solo una delle
più grandi cantanti del ventesimo secolo, ma anche una moglie, una madre e una
nonna