A spasso per la relatività
La serata si apre con gli annunci di servizio del presidente, che presenta la professoressa Grazia Ghermandi della Università di Modena che questa sera è ospite del club , e rimanda a dopo cena la presentazione dell’ oratore.Come al solito, a cena conclusa il presidente ci fa una breve presentazione del relatore della serata, il professore emerito Rodolfo Cecchi;
Come al solito, a cena conclusa il presidente ci fa una breve presentazione del relatore della serata, il professore emerito Rodolfo Cecchi; dopodiché gli cede la parola all’oratore, che ci intrattiene con una dotta ma brillante relazione dal titolo “A passeggio nella relatività”
Il professor Cecchi inizia avvertendo l’audience che la trattazione dell’argomento richiederebbe l’impiego di una matematica molto comple
ssa, che tuttavia ci risparmierà, proponendoci solo alcune formule di algebra semplifica del tipo di quella che viene utilizzata a livello di liceo.Cecchi esordisce dicendoci che la grande idea di Einstein che lo portò ad enunciare la teoria della relatività ristretta, era stata favorita da alcune scoperte scoperte dell’ ultima matà del 19° secolo e, come Planck ebbe modo di affermare, se non l’avesse fatto Einstein nel 1905, la Relatività Speciale sarebbe stata comunque dimostrata entro 4-5 anni. Ma solo il suo grande genio avrebbe potuto intuire e proporre la teoria della Relatività Generale.
Il principio di relatività era già stato enunciato da Galileo nel 1632, con una affermazione che “le equazioni fondamentali della meccanica (moti e loro cause) valgono immutate in tutti gli infiniti riferimenti inerziali”; ciò significa che, se eseguiamo un qualunque esperimento (di Meccanica) sia in un laboratorio “inerziale” che su un treno, in moto traslatorio uniforme rispetto al laboratorio, avremo sempre gli stessi risultati.
Questa affermazione, pubblicata sull’opera “Dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo” siccome affermava che non esistono nell’universo luoghi speciali, ma uno vale l’altro, gli valse la messa all’indice del libro stesso nel 1633. Altro concetto enunciato da Galileo fu che non ha senso parlare di moto assoluto, ma solo di moto relativo rispetto al riferimento prescelto e che quindi non può esistere un riferimento assoluto che definisca, solo lui, i concetti di quiete e di moto.
Per la relatività Galileiana tuttavia, confermata successivamente da Newton, le velocità di ciascun sistema inerziale si componevano linearmente, fino a raggiungere qualsiasi valore composto dalla loro somma. E qui sta la grande rivoluzione della relatività Einsteniana: la inequivocabile dimostrazione che la velocità della luce è, per quanto elevata, finita inficia la validità della relativitàdi Galileo e di Newton.
La relatività speciale, si può dire, è una conseguenza del fatto che l’informazione si propaga ad una velocità, quella della luce, che è sì molto elevata (pari a circa 300.000 km al secondo) ma non infinita, come sostenuto da Newton. Questo fatto rende impossibile il concetto di simultaneità degli eventi e di conseguenza annulla il concetto di spazio e tempo assoluti, che sono i pilastri di tutta la meccanica newtoniana, ma impone che, dati due sistemi di riferimento in moto relativo uno rispetto all’altro ad una velocità prossima a quella della luce, ognuno dei due veda lo spazio ed il tempo dell’altro diverso rispetto al proprio.
cità C, per cui cade l’unicità di tempo e spazio e la massa e l’energia si equivalgono.I postulati della teoria della Relatività Speciale (ristretta) sono tre:il primo dice che le leggi della Fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali (Einstein conferma l’intuizione di Galileo sia per la meccanica e la estende a tutta la fisica, elettromagnetismo compreso. Il secondo è che la velocità della luce nel vuoto è costante indipendentemente dal moto della sorgente che la emette (questo significa che le leggi della relatività di Galileo sono violate). Il terzo è che la cause deve sempre precedere temporalmente l’effetto , per cui nessun segnale o agente fisico che trasporti informazione, potrà propagarsi a velocità superiori a quella della luce.Poiché la velocità di un corpo in movimento è data dal rapporto tra lo spazio percorso diviso per il tempo impiegato a percorrerlo, se tutte le coppie di osservatori inerziali in moto reciproco devono sempre misurare la stessa velocità C per la luce bisognerà poter giocare sui valori degli spazi e dei tempi che ciascuno di loro misurerà nei riferimenti dell’altro.Il fenomeno diventa sempre più evidente man mano che la velocità relativa si avvicina a quella della luce: la contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi del riferimento in moto visto dal sistema inerziale in quiete si modificano secondo il fattore di Lorentz: L=L0√1-v2/c2
Se la velocità V del sistema in movimento è molto minore di C, allora : Dt = D tO e L = LO per cui tornano validi i principi galileiani.
Un altro principio che è stato messo in crisi dalla relatività di Einstein è la famosa legge di Newton che dice :
F= m a
che dice che se ad una corpo di massa m si applica una forza F, questi si muoverà con una accelerazione costante a, il chè equivale a dire che anche applicando una forza di valore limitato, basta aspettare una quantità di tempo sufficiente ed il corpo può raggiungere qualsiasi valore di velocità, linearmente con il tempo, fino a superare la velocità della luce.
Invece, il principio della relatività prevede che all’aumentare della velocità, una parte crescente dell’energia di moto di un corpo in movimento ( che secondo la legge di Newton vale Ec = 1/2 m v2 ) venga progressivamente trasferito in aumento della massa , per cui se un corpo di massa m0 a riposo (cioè quando è in quiete) si muove con una velocità v, la sua massa aumenta all’aumentare di v non in modo lineare, ma secondo la relazione analoga a quella vista in precedenza per i tempi e le distanza, cioè secondo la trasformazione di Lorentz. Non è dunque possibile che un corpo di massa qualsiasi diversa da zero possa raggiungere la velocità della luce, perché sarebbe necessaria una energia infinita (solo i quanti di luce, cioè i fotoni ed i gravitoni, essendo privi di massa si propagano a velocità C).
Da questa constatazione con opportune trasformazioni algebriche si arriva alla famosissima equivalenza tra energia e massa:
E = m c2
Che sancisce che m si può tramutare in E, così come E si può tramutare in m . Poiché il quadrato della velocità della luce è un numero molto elevato ( pari circa a 90 seguito da quindici zeri) la conversione di una piccolissima quantità di massa può generare una enorme quantità di energia (come dimostrato dall’energia nucleare).
La relatività ristretta, tuttavia, non tiene conto dell’effetto dell’attrazione gravitazionale, che impone moti a velocità non costanti ma accelerati.
Per trovare una teoria che includesse anche la gravitazione, Einstein, utilizzando i suoi famosi “esperimenti virtuali basati sul ragionamento e la logica, si rese conto che la legge di gravitazione universale di Newton, che prevede una azione istantanea tra due corpi, viola la Relatività. Introducendo il principio di equivalenza, Einstein intuì che non esiste alcun modo per distinguere tra gli effetti di una accelerazione e quelli di una attrazione gravitazionale: essi sono del tutto equivalenti., per cui non esiste alcun esperimento in grado di distinguere un riferimento inerziale da uno non inerziale ma in caduta libera gravitazionale.
Per Newton spazio e tempo erano due grandezze separate ed assolute: per Einstein invece le due entità sono inestricabilmente correlate in un insieme quadridimensionale denominato spazio tempo. Per Newton la gravità è una forza, per cui il moto di un corpo celeste, che orbita intorno ad un altro più pesante, avviene lungo linee curve in uno spazio piano e quindi euclideo: ad esempio, la terra si muove su orbita curva intorno al sole perché la forza di attrazione gravitazionale si compone con il suo moto naturale rettilineo e. Per Einstein, la gravità è una curvatura, per cui lo stesso moto di prima è avviene lungo linee “rette” ma in uno spaziotempo curvo (non più euclideo ma di tipo riemanniano: la massa del sole distorce la geometria dello spaziotempo per cui la terra, abbastanza vicina da percepire questa curvatura, si muove luingo un cammino il più possibile rettilineo (descrivendo però l’equi-valente di una ellisse in uno spazio euclideo) in questo ambiente deformato.
Queste sono, in breve e molto riassunte, le considerazioni che il professor Cecchi ci ha descritto, per introdurci questo argomento, tanto affascinante quanto complesso. Ci ha, naturalmente, anche illustrato una serie di verifiche sperimentali che furono fatte successivamente all’enunciazione, da parte di Einstein, delle sue teorie e che, almeno fino ad ora hanno dimostrato la corrispondenza delle stesse con la realtà fisica dell’universo in cui viviamo, dalla spiegazione della precessione lenta del perielio dell’orbita di Mercurio, alla deflessione esercitata dalla gravità del sole sulla luce (a causa della curvatura dello spaziotempo) ed alle lenti gravitazionali.
Tra le verifiche sperimentali più facili da intuire ci ha illustrato il fenomeno delle distorsioni sugli orologi di grandissima precisione installati sui satelliti del sistema di navigazione GPS che, per effetto della relatività speciale , cioè per il fatto che viaggiano a circa 14.000 Km orari rispetto al suolo terrestre, ritardano di circa 7 microsecondi al giorno, mentre per la relatività generale, che tiene conto del fatto che il campo gravitazionale terrestre in orbita a 20.000 km dalla terra è più debole di quello al suolo, anticipano di 45 microsecondi ogni giorno. Queste piccole differenze, che naturalmente se non corrette si accumulerebbero, renderebbero il costosissimo ed ormai indispensabile sistema di navigazione inutilizzabile se non opportunamente corrette dal software di gestione del sistema.
Il professore ha poi concluso la sua presentazione con una slide che mostrava una frase di Max Plank, grande scienziato tedesco a cui Einstein si è fortemente ispirato, che dice : La scienza non può risolvere il mistero ultimo della natura, perché in ultima analisi noi stessi facciamo parte del mistero che cerchiamo di risolvere”.
Come è naturale, alla fine della affascinante relazione, i presenti hanno rivolto numerose domande a cui il professore ha risposto con cortese puntualità.
Breve profilo di Rodolfo Cecchi
Nato a Firenze il 24 gennaio del 1939, il Prof. Rodolfo Cecchi, conseguita la Maturità Classica, ha studiato Fisica presso l’Università di Pisa, materia nella quale si è laureato con una tesi sperimentale in Fisica Nucleare (“Ricerca sulla diffusione elastica protone-protone ad alte energie e piccoli angoli mediante le emulsioni nucleari”) presso il Protosincrotrone da 25 GeV del CERN di Ginevra, quale parte di un più vasto esperimento condotto anche presso gli acceleratori di Berkeley (U.S.A.) e Dubna (U.R.S.S.) per valutare le sezioni d’urto dello scattering p+– p+ in un particolare ambito di energie e di angoli di diffusione.
Dai primi anni ‘60 ha svolto tutta la sua iniziale carriera accademica presso l’Ateneo di Modena (poi di Modena e Reggio Emilia) dove, dopo un primo periodo di Borsista e di Assistente incaricato, è divenuto prima Assistente di ruolo in Fisica presso la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, poi Professore Incaricato di Fisica Sperimentale ed infine Professore Associato della stessa Facoltà.
Professore Straordinario e poi Ordinario dal 1987 presso l’Università di Messina, è rientrato a Modena nei primi anni ‘90 come Ordinario del Settore di Ingegneria Sanitaria Ambientale presso la Facoltà di Ingegneria della nostra città. Nella parentesi accademica siciliana è stato Direttore dell’Istituto di Geografia ed Oceanografia.
A Modena, invece, ha presieduto il Corso di Diploma universitario in Ingegneria Meccanica ed ha promosso l’istituzione del Corso di Laurea in Ingegneria Ambientale, attivato con entrambi i primi due anni nell’Anno Accademico 2001-2002, nonchè del successivo Corso di Laurea magistrale in Ingegneria per la Sostenibilità dell’Ambiente, dei quali è stato Presidente e nel cui ambito tiene ancora l’ insegnamento di Ingegneria Sanitaria Ambientale in qualità di Docente a Contratto.
Nel periodo 29 agosto 2003 – 31 ottobre 2008 è stato nominato Prorettore per la sede di Modena dell’Università a rete di sedi di Modena e Reggio Emilia, con deleghe al Bilancio di Ateneo ed alla Sicurezza.
I suoi interessi scientifici si sono inizialmente rivolti alla Fisica nucleare, della quale ha successivamente adattato le tecniche sperimentali agli studi ambientali, conseguendo in questo campo spiccate competenze, realizzando innovative metodiche di analisi delle concentrazioni di elementi in matrici ambientali (acqua, aria, ecc.) con l’uso di acceleratori di particelle. Si è inoltre interessato alle valutazioni di impatto ambientale ed allo studio della dispersione e diffusione di inquinanti, con particolare riguardo alla dinamica atmosferica del particolato ed all’impiego delle rilevazioni ambientali mediante satelliti.
Autore di oltre centottanta tra pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali (124) e comunicazioni a congressi, è tuttora referee di riviste internazionali e componente di diverse società scientifiche, nonchè consulente presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici per l’impatto ambientale di nuove centrali termoelettriche.
Docente di Fisica per il Corpo degli Ingegneri dell’ Accademia Militare di Modena, presso la quale insegna da più di quaranta anni accademici, ha in tale veste sempre collaborato per agevolare la stipula delle Convenzioni di Studio tra i vari attori militari ed universitari.
In quiescenza dall’11 Dicembre 2009, il Ministro dell’ Istruzione,dell’ Università e della Ricerca ha conferito il 21 Luglio 2011 al Prof. Rodolfo Cecchi il titolo di Professore Emerito.
Dall’1 Novembre 2011 il Prof. Cecchi è infine divenuto Socio Corrispondente della Accademia Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Modena, per poi essere proposto quale Socio Effettivo nel Marzo 2013.
E’ rotariano del nostro club dal 2003.